GENERE: cantautorato folk.
PROTAGONISTI: Ani DiFranco, che per realizzare questo lavoro si è circondata da amici e familiari: su tutti campeggia il grande Pete Seeger (banjo nella title-track), poi i Neville Brothers (Ivan e Cyril) e i numerosi musicisti di New Orleans, città dove lei e il compagno (Mike Napolitano, qui alla produzione) si sono trasferiti da tempo.
SEGNI PARTICOLARI: già dall’inizio della sua carriera la DiFranco, appena ventenne, si rese indipendente rifiutando i numerosi inviti delle varie indie-label, fondando la propria etichetta, la Righteous Babe. Niente compromessi, le sue scelte sono state sempre coerenti e fatte col cuore. Sono state quelle che portano a fare dei tour europei in perdita e scritturare degli artisti perché bravi e originali (chi ha mai visto quel pazzo di Hamell On Trial dal vivo può capire di cosa parlo) e non perché potevano far cassa. Nonostante ciò, la sua etichetta ha lanciato artisti di livello come Andrew Bird e Anaïs Mitchell, che (soprattutto il primo) hanno avuto un notevole hype con i loro ultimi lavori.
INGREDIENTI: la recente maternità sembrava aver fiaccato Ani, fino ai primi anni 2000 prolifica come pochi. Aveva lasciato passare 2 anni da ‘Reprieve’ (2006) al successivo ‘Red Letter Year’ (2008) e addirittura 4 per questo ‘¿Which Side Are You On?’. Nell’ultimo lavoro si era intravista anche l’elettronica, che sembrava aprire nuove strade, ma che ad oggi pare aver abbandonato. Questi 11 brani sono variegati nei suoni (la folksinger è un’ottima ed originale chitarrista acustica) quanto pesanti (nel senso di importanti) nel messaggio. Ani è donna, cosa che fin qui ci aveva mostrato chiaramente, ma ora è anche madre, quindi argomenti come le responsabilità di una vita adulta e le risposte alla domanda “Che mondo lasceremo ai nostri figli?” trovano posto in modo prepotente nelle sue canzoni.
DENSITÀ DI QUALITÀ: il lavoro inizia con ‘Life Boat’, perfetta nella lievità, che lascia poi spazio a ‘Unworry’, un pezzo che sembra venire dal passato, se non fosse per la maturità dei suoni e la precisione degli arrangiamenti. Poi tocca a ‘Which Side Are you On?’, che parte dal banjo di Seeger e arriva al finale del coro dei bambini della scuola The Roots Of Music. Il testo è stato attualizzato senza perderne la causticità. Seguono ‘Splinter’ e ‘Promiscuity’, la prima quasi calypso, l’altra molto classica. La prima di stampo ecologista, la seconda tratta di libertà sessuale, ma a parte gli argomenti i due pezzi non dicono molto musicalmente e risultano un po’ troppo elaborati. Più accattivante è la dolce ‘Albacore’, che con un mood jazz trasporta le parole leggermente. Con la title- track è la migliore del set. ‘J’ è un reggae (!) dal testo politico e di denuncia, senza mezzi termini. Il blues solido di ‘If Yn Not’ porta Ani a considerare l’inevitabile accettazione del diventare adulti e di tutto quello che ne consegue, con la consapevolezza di una persona matura. Il minimalismo di ‘Hearse’ conduce a ‘Mariachi’, lanciata in un cantato ‘alto’ e un bel giro di accordi aperti molto solari. I mezzi termini sono lasciati indietro anche dalla marziale ‘Amendment’, che parla di aborto. Il finale è di ‘Zoo’: arpeggiata, quasi solo chitarra e voce, canta delle brutture del mondo e lascia molte domande aperte, appunto: “Cosa lasceremo ai nostri figli?”. Con quest’ultimo lavoro la ex riot girrrl porta a compimento il percorso iniziato 6 anni fa con ‘Reprieve’: la maturità di una donna consapevole, preoccupata e arrabbiata (ancora), ma sicura dei suoi mezzi. Purtroppo il già sentito e il poco coraggio mostrato in alcuni brani non portano questo disco ai livelli eccelsi di una decina di anni fa, ma in buona parte riaffiora la classe di un’artista che deve necessariamente ritrovare il percorso che permette di far decollare il proprio messaggio, in modo da non farlo ascoltare ai soli fan più accaniti.
VELOCITÀ: quella delle chitarre acustiche, a volte rumorose, a volte delicate.
IL TESTO: ‘¿Which Side Are You On?’, un titolo importante, un traditional degli anni ’30. Il brano, reso noto da Pete Seeger, vanta tantissime cover, è ora ripreso dalla cantautrice di Buffalo. Ani DiFranco non ha mai nascosto il suo impegno civile, mettendo tutta se stessa in ciò che credeva, che fossero i diritti civili o l’intolleranza, ha le carte in regola per parlare di donne, ambiente e lavoro con consapevolezza. Il testo tratta di argomenti crudi e potenti, le lirycs, rivisitate, recitano: “They stole a few elections / Still we the people won / We voted out corruption and / Big corporations / We voted for an end to war / New direction / We ain’t gonna stop now / Until our job is done.”
LA DICHIARAZIONE: “Mi sento frustrata, politicamente disperata. Dopo aver scritto centinaia di canzoni, mi chiedo, oggi quanto posso spingermi oltre? Credo di aver superato una volta ancora i miei limiti nella politica e nell’arte, per vedere cosa la gente è pronta a sentire.”
IL SITO: ‘Righteousbabe.com’.
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