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B16 said in Luglio 21st, 2009 at 00:21

ROCK ON!

U2 360 T0UR
20.07.2009
amsterdam arena

01 . breathe
02 . no line on the horizon
03 . get on your boots
04 . magnificent
05 . beautiful day
06 . mysterious ways
07 . i still haven’t found what i’m looking for
08 . angel of harlem
09 . in a little while
10 . unknown caller
11 . the unforgettable fire
12 . city of blinding lights
13 . vertigo
14. i’ll go crazy if i don’t go crazy tonight
15 . sunday bloody sunday
16 . pride (in the name of love)
17 . mlk
18 . walk on

19 . where the streets have no name
20 . one

21 . ultraviolet (light my way)
22 . with or without you
23 . moment of surrender

in breve poi domani aggiungo… pubblico olandese praticamente mai visto cos’ caldo…! sono senza voce, migliori tracce: beatiful day , mysterious ways , i still haven’t found what i’m looking for , unknown caller , the unforgettable fire , vertigo , where the streets have no name , walk on e soprattutto: ultraviolet!!!! l’artiglio è un gran bel giocattolo…

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B16 said in Luglio 21st, 2009 at 00:30

in più devo dire ma forse non ho capito bene alla fine di moment of surrender bono ha cantato 40, il pubblico poi gli è andato dietro da solo cantando fino a quando gli U2 non hanno salutato how long to sing this song….

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B16 said in Luglio 21st, 2009 at 15:31

scritta di getto…. let me in the sound baby!

Larry Mullen Jr. cammina verso il palco, sguardo fiero e sorriso mentre sfuma l’introduzione annunciata magnificamente da Space Oddity di David Bowie sparata a tutto volume.
Parte la batteria di Breathe e il resto della band sale sul palco tra un susseguirsi di ovazione: alla prima pausa del pezzo l’Arena esplode, da subito ai piedi di Bono. Le scosse di No line on the horizon fanno nascere echi continui dal pubblico prima che Get on your boots scateni l’audience con i riff di Edge e Magnificent lo irretisca nel gioco di cori lanciato dal gruppo. Quattro pezzi prima che Beatiful day dia scacco matto ai 60.000 di Amsterdam, completamente impazziti sulle note dell’apripista di All that you can’t leave behind, chiusa in modo ispirato con le parole di Blackbird dal White Album dei Beatles. Quando The Edge lancia Mysterious Ways, il basso di Adam guida il pezzo ancor più dell’interpretazione scintillante di Bono: The Claw, il fantascientifico palco che anima le performance della band inizia a risvegliarsi e a mostrarsi in tutto il suo splendore. Già impressionante all’apparire all’interno dell’Arena, quasi costretto in una gabbia di acciaio e vetro, abbatte lo sfondo abituale degli spettacoli rock per creare un open space ospitato da una cangiante struttura tentacolare. Completano la scenografia due ponti mobili che uniscono lo stage ad una passerella circolare che abbraccia e al contempo separa il pubblico.
Quando l’oscurità sopraggiunge Bono è impegnato a raccontare dei trascorsi della band ad Amsterdam, gli show al Paradiso e al Melkweg, il magico porto della città e gli amici in terra d’Olanda, prima tra tutti Anton Corbijn.
Le poche parole scaldano ancor più i presenti che galvanizzati duettano con il gruppo in una versione da brividi di I still haven’t found what I’m looking for, imprescindibile per l’alchimia che riesce a sprigionare ad ogni show. Una vibrante Angel of Harlem con il pubblico ancora su di giri che termina con Bono ad intonare sino allo sfinimento Don’t stop ‘til you get enough (per e a proposito di Michael Jackson) …
In a little while è una carezza, il ricordo della prima notte dell’uomo sulla luna un modo per introdurla e lasciarla scivolare in un collegamento spaziale, viatico ad una trionfale Unknwon Caller: sullo schermo circolare la parole dettano i tempi al pubblico, il coro non si limita alla band, ma all’intero stadio. L’assolo di Edge al termine del pezzo è uno dei momenti più intensi della serata proseguito con eguale emozione e trasporto con un impagabile The Unforgettable Fire: lo schermo di The Claw si scompone e allunga, avvolgendo la band e lasciando senza fiato sul rincorrersi di riverberi e tessiture che contraddistinguono il brano. La trasformazione del palco esalta anche una City of blinding lights trascinante prima che Vertigo dia la scarica di adrenalina più intensa della serata (in entrambe le tracce Bono e l’Arena sono una sola voce). L’intenso crescendo rock dei due pezzi tratti da How to dismantle an atomic bomb è interrotto da una versione techno (?) di I’ll go crazy if I don’t go crazy tonight con Larry a camminare liberamente sulla passerella circolare picchiando sulle percussioni. La sorpresa è acuita dalle battute conclusive del brano che sfuma tra volute di fumo e synth per lasciare spazio a Sunday Bloody Sunday e Pride accolte come logico aspettarsi dal tripudio. MLK è una gemma che inizia mentre il pubblico non riesce a smettere di intonare il cantato di In the name of love.
La voce di Bono rapisce e incanta prima di lasciare spazio a Walk On che si conferma come uno dei migliori della produzione recente del gruppo: compatta ed emozionante, dedicata dalla nascita al premio nobel birmano Aung San Suu Kyi ribadisce con fragore il suo valore. Tocca poi a Desmond Tutu ricordare il futuro dell’Africa, le sue parole piene di speranza si fondono con l’inizio di Where the streets have no name, strepitosa ed unica nel far gioire ogni notte migliaia di persone. E’ la volta di One e Bono decide di tagliare corto su campagne umanitarie e politica, ricorda come il pezzo abbia un significato intimo differente per ognuno, come sia impossibile vederlo legato ad un’unica causa o senso. Applausi a scena aperta che diventano intensa commozione nel fluire del brano, in particolare nelle invocazioni finali quando anche la chitarra di Edge scalda completamente il brano. Dopo una breve pausa sovrastata dal frastuono dell’audience ansioso di rivedere la band irlandese on stage, il ritorno con Ultraviolet: splendida la versione live dominata dalla voce ispirata di Bono e dalla chitarra nervosa di Edge oltre che cullata dai cori a ribadire per l’ennesima volta l’importanza assoluta di Achtung Baby nella storia degli U2.
With or without you e una Moment of Surrender che si conclude con le parole di 40 (immediatamente colte e cantate dal pubblico) sono il termine di uno scambio emozionale incessante sin dalle note di Breathe: The Claw è impressionante per soluzioni e varietà d’ambientazioni, gli U2 si confermano straordinari nel creare un feeling eccezionale con il proprio pubblico ad ogni latitudine, notte dopo notte, live dopo live. Uno spettacolo incredibile anche per la conformazione che dà un colpo d’occhio impensabile ad un evento rock e per la qualità della performance (tirata e su giri): non c’è che dire l’impatto del 360 tour è sensazionale, ma anche in tutto questo splendore tecnologico la sensazione che l’emozione incontrollata che si scatena da anni di fronte alla musica di Bono, Edge, Adam e Larry sia ancora oggi indescrivibile resta immutata.

buon boss per stasera, sono idealmente con voi… !!!!ROCK ON!!!!

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