“Agisco da produttore, scrivo i brani completamente e arrangio tutte le parti, poi se sento l’esigenza di far risuonare alcune parti chiamo i musicisti che secondo me hanno il tocco giusto: in questo disco ho avuto ospiti sopraffini”, ha detto la cantautrice al Fatto.it
di Giuseppe Pagano | 11 novembre 2014
Sarà pure per una questione meramente etimologica, ma se ti chiami Beatrice Antolini e pubblichi un disco intitolato “Beatitude”, non puoi scappare dalla missione del tuo nome, dalla tua essenza.
Messo da parte il capitolo controverso di “Vivid” (2013), la one girl band di Macerata sigla adesso una collaborazione con La Tempesta International e ritorna in scena con un EP di 5 brani, “Beatitude” appunto, in uscita l’11 novembre. Anche sottolineare la nuova compagine discografica della Antolini non è un esercizio di stile. Il precedente LP, infatti, era stato firmato per Qui base luna, una label che auspica l’interclassismo musicale superando gli steccati di indie e mainstream. Ed è forse a vantaggio di questo interclassismo che l’enfant prodige maceratese aveva perso in “Vivid” tutto il suo smalto underground e le sue “schizofrenie” ritmiche, sostituendoli con velenosi refrain orecchiabili e soluzioni funky da classifica.
A proposito della recente collaborazione con l’etichetta/collettivo di Pordenone, la Antolini ci dice: “Conosco i ragazzi de La Tempesta da tempo e li ho ammirati e stimati soprattutto per la gestione e la libertà che lasciano agli artisti. Mi piace molto la mentalità fresca e al passo con i tempi. Non so il perché sia capitato solo ora. Ma forse ora è il momento giusto. E ne sono felice. Semplicemente questo. La stima reciproca e l’attitudine simile nel comprendere un nuovo modo di fare musica nel 2014, la serietà e la professionalità. Direi il partner perfetto, e ne sto già avendo la conferma”. Con questo EP entriamo dentro una nuova storia, tra suoni imprevedibili, nervosismi rock e soffuse malinconie. L’artista stessa parla così del suo nuovo lavoro: “Beatitude è la tua natura più profonda. È qualcosa che non inventi ma che scopri. È un ritorno all’essenza, fuori dalle costrizioni mentali, dalla meccanicità umana. Nasce e cresce nel cuore, senza influenze esterne, senza intellettualismi, senza troppe parole”.
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