Sohn: ‘Tremors’ (2014 – 4AD)
“Oltre ad essere quindi un esordio di grandissima personalità, ‘Tremors’ funziona ovunque, in cameretta come in auto, a 30 all’ora come a 150”
di Michele Corrado by indie-rock.it
giudizio: 9/10
Genere: art-pop, contemporary R&B, post-dubstep
Protagonisti: Christopher Taylor aka SOHN, alla splendida voce, alla puntuale produzione, alle tastiere eleganti e vintage.
Segni particolari: negli ultimi due anni, con un efficace pugno di singoli di elettronica raffinatissima e spacca-cuore SOHN, producer e cantautore londinese ma di stanza a Vienna –dove se ne è andato a vivere perché ammaliato dalla rigogliosa scena elettronica locale-, ha imbambolato critica e starsystem indie. Tutto è cominciato nell’agosto del 2012 con la pubblicazione sul suo profilo soundcloud dei singoli ‘The Wheel’ e ‘Red Lines’ – successivi a ‘Oscillate’ e ‘Warnings’-, pubblicazione che gli è valsa attenzioni e complimenti di riviste come The Guardian e di gente fica come Lorde e Disclosure. Poi, nel 2013, il contratto con la sempre attenta 4AD. Infine, questo aprile, lo splendido LP ‘Tremors’.
Ingredienti: la lezione l’ha studiata bene e nella sua musica ci sono la voce emozionante e volta al soul così come il roster di tastiere analogiche, ma dire Sohn un clone di sua maestà –da queste parti soniche non si vede come titolarlo altrimenti- James Blake sarebbe fargli torto, sarebbe liquidare frettolosamente la sua maggiore propensione melodica, la minor frammentazione del suo canto, l’adorazione per la forma canzone, l’amore per il battito dritto. Insomma Sohn porta con se uno stile e un eclettismo tutto suo.
Densità di qualità: le prime due trace di ‘Tremors’, le bellissime ‘Tempest’ e ‘The Wheel’, dense come sono di stacchi repentini, di giochi pieno-vuoto, di manipolazioni di strisce vocali, farebbero pensare ad una maggior fedeltà di Sohn ai canoni dettati da James Blake. Ma soffermandosi sul cantato di questi due brani, provando a staccarlo dai ribollimenti di contorno, già si può evidenziare la maggior propensione di Taylor per composizioni lineari, che puntano al cuore più che al cervello, oltre che una minore destrutturazione melodica. Sohn le melodie le tiene e non le nasconde. Ed eccoci dunque alla meravigliosa ‘Artifice’, una canzone fatta e finita, carica e supersonica, che ammalia e dà la carica, unendo un ritornello da superstar R&B a scontri in autostrada tra synth. Primo capolavoro del disco. ‘BloodFlows’, così come ‘Paralysed’, di poco successiva in tracklist, nonostante le loro impennate verso l’iperuranio sintetico le tengano (il finale della prima è un decollo e scoppio elettrico da manuale), sono i brani che meglio ci mostrano l’animo di Sohn. Contornando la sua voce dolente e limpida con pochi rintocchi di battito o piano ci introducono meno cripticamente che nei brani precedenti nelle sue esperienze difficili e solitarie. ‘Fool’ e ‘Ramson Notes’ contengono invece tutta la fascinazione che il nostro ha subito da materie elettroniche più monolitiche, maggior ruvidità e maggior lentezza dunque, al servizio di un suono scuro e pesante, cui si contrappongono svolazzi vocali appassionati ed eterei. Il secondo capolavoro del disco, ma qui azzarderemmo la parola “miracolo”, è ‘Lights’. Una sezione ritmica tech-house bombardiera intrappola una canzone smarrita, che sbandiera emozioni e ricordi. “Eccoti lì, al centro degli anni Zero, in discoteca a compiere il tuo dovere di maschio fuori sede, ma il cuore l’hai lasciato a casa di chissà quale studentessa carina”. Ma metteteci pure un’altra storia, funzionerà. ‘Veto’, ‘Lessons’ e la title-track chiudono il tutto, con il ritmo che un poco, facendoci riposare, ma non l’intensità, non gli struggimenti, non la tensione emotiva. Oltre ad essere quindi un esordio di grandissima personalità, ricco di pezzi memorabili e qualitativi, che mescola al meglio le influenze elettroniche, pop e soul degli ultimi anni, si può aggiungere una considerazione estemporanea, che forse lascia il tempo che trova, ma che può significare anche molto: nonostante la sua forte spinta, i suoi bpm mai troppo cheti, ‘Tremors’ funziona ovunque, in cameretta come in auto, a trenta all’ora come a centocinquanta (fate finta di aver letto centotrenta!). Forse perché emozioni e ricordi non conoscono spazio e corsa, non debbono inseguirti per invaderti la mente, non devono cercarti. Sohn ne è testimone.
Velocità: quarantuno minuti di battiti e passione.
Il testo: “Nobody can slit my throat / Nobody can leave me lying by the side of the road like you can”, da ‘Paralysed’.
La dichiarazione: “Sono un cantautore Old School che ama gli strumenti elettronici”.
Il sito: Sohnmusic.com
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