E’ stata una sorpresa perché non mi aspettavo di vedere Joey Burns e John Convertino in siffatta forma. Algiers è uno dei dischi più belli dei Calexico, considerando lo standard medio dei loro ultimi lavori. E’ un’opera affascinante e commovente, a tratti drammatica, che senza grossi scossoni evolutivi, ripropone il loro stile e la loro capacità assoluta di coinvolgimento (vedeteli dal vivo e poi ne riparliamo).
Si parte benissimo col grido d’amore e di fratellanza di Epic, idem con Splitter, stupenda ballata, ma è con Sinner in the sea che i due toccano il cuore degli ascoltatori con una storia che affronta il problema dei profughi cubani. Se Fortune teller per quanto deliziosa passa quasi in secondo piano, la successiva e struggente Para ci riporta in un ambito strettamente sentimentale (attraverso una parete di vetro, tu stai da una parte e io sto dall’altra, ma vediamo tutto e sentiamo tutto…).
Algiers, che da il titolo al disco, è un pezzo strumentale tipico della produzione dei Calexico, mentre Maybe on Monday per quanto più movimentata e ‘rock’ è ancora un canto struggente d’amore, così come l’acusticissima Better and better (E’ meglio stare in casa quando si ha un posto dove andare?).
I due non rinunciano ovviamente alla loto impronta tex-mex: Puerto, The vanishing mind e soprattutto No te vayas con l’orchestra mariachi al meglio, ci restituiscono un aspetto peculiare dell’arte di Burns/Convertino.
Insomma è chiaro, siamo di fronte ad un’opera perfettamente compiuta e riuscita, distante anche parecchio da qualche prova opaca dei due musicisti: Algiers restituisce sicurezza ai fans del gruppo che per quanto mai delusi, avevano (compreso me) storto un po’ il naso per le ultime cose.
Non passi poi sottobanco la versione deluxe del disco: contiene un secondo cd che è un concerto che i Calexico hanno tenuto con la Symphonic Orchestra sia a Vienna che a Potsdam. Non ci sono solo brani della vecchia produzione, ma anche una buona manciata di quelli nuovi e che sotto una nuova luce regalano spesso sensazioni diverse dal primo disco: ci sembra quasi di ascoltare una colonna sonora di uno spaghetti western accompagnata dal buon Morricone.
Nota critica?
Macché… tutt’altro.
myword.it
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