IL QUARTO ALBUM DELLA BAND NEWYORKESE NON E’ AFFATTO DEGNO DI NOTA E RISULTA ,SECONDO ME, VERAMENTE “INSIPIDO” ,INSOMMA UNA DELUSIONE.
UN VERO PECCATO PERCHE’ LE DOTI CI SONO MA COME DICE ANCHE INDIE ROCK QUI DI SEGUITO,SE NON VENIVA REALIZZATO NESSUNO SE NE ACCORGEVA.
CON DENGLER IL BASSISTA CHE SE NE E’ ANDATO E BANKS PRESO DAL SUO PROGETTO Â JULIEN PLENTI CAPISCO L’INDIFFERENZA CON LA QUALE SONO STATI ACCOLTI A ROMA A DIFFERENZA DI KASABIAN A TORINO E SNOW PATROL Â A MILANO. PARLO DELLE ESIBIZIONI A SUPPORTO DEL TOUR 2009 E 2010 U2 IN ITALIA. UN VERO PECCATO,UNA VERA DELUSIONE.
ANNO: 2010
ETICHETTA: Soft Limit
“Nell’economia della carriera di Banks e soci, sarebbe stato più indicato che questo LP non fosse mai uscito”
il giudizio di indie-rock.it: 6/10
GENERE: post-punk.
PROTAGONISTI: Paul Banks (voce, chitarra), Daniel Kessler (chitarra, cori), Carlos D. (basso), Sam Fogarino (batteria). Producono loro stessi e si pubblicano loro stessi, con la propria etichetta Soft Limit.
SEGNI PARTICOLARI: quarto LP per il quartetto di New York, l’ultimo a cui presta opera Carlos D, uscito dal gruppo subito dopo la chiusura della fase di registrazione.
INGREDIENTI: aumenta decisamente la strumentazione, che si avvale spesso di orchestrazione ma anche di qualche loop elettronico (ininfluente, comunque, al fine di determinare il suono complessivo). Per il resto, rimaniamo ampiamente in territori già esplorati. La scelta sembra quella di voler rivisitare in chiave più ‘matura’ l’esordio capolavoro ‘Turn On The Bright Lights’ (2002).
DENSITÀ DI QUALITÀ: tra i fattori che possono influenzare la recensione di un disco che non sia un’opera prima, ci sono certamente la relativizzazione del lavoro in questione nei confronti di quelli precedenti, e la particolare affezione personale che si può nutrire nei confronti di un artista o di una band. Cercando di giungere ad una valutazione che metta in risalto il valore assoluto di quanto sta passando tra le orecchie, questi due argomenti rischiano però di essere fuorvianti. Il caso dell’omonimo album degli Interpol è emblematico, dato che ci troviamo di fronte ad una band per la quale abbiamo sempre nutrito grande stima ma, lo diciamo subito, ad un disco non all’altezza dei fasti degli esordi. Ad essere sinceri, non regge il confronto neanche con l’ultimo ‘Our Love To Admire’ (rispetto al quale, per esempio, in questa occasione mancano tre pezzi capaci di dare un’impronta decisa al tutto come ‘No I in Threesome’, ‘Mammoth’ e ‘The Heinrich Maneuver’). E allora, questo quarto album degli Interpol “fa schifo” (come si è spesso sentito dire in giro) perché non qualitativamente paragonabile ai precedenti? No, non fa schifo. Ha però diversi difetti: come già si accennava, uno è il non avere al suo interno quei ‘singoli’ che in grandi quantità avevano arricchito la bacheca dei trofei del gruppo newyorkese. I due scelti non ci sembrano granché: ‘Lights’ ha un’intro troppo lunga e non decolla mai, ‘Barricade’ lo fa ma in maniera estremamente stereotipata per un gruppo di cui ormai conosciamo anche l’interno delle tasche dei pantaloni. Per il resto, il lavoro del quartetto paga enormemente la scelta di voler tornare ai suoni estremamente cupi dell’esordio senza avere in sé brani della stessa qualità e probabilmente neanche lo stesso fervore creativo. La dilatazione che caratterizza spesso le canzoni non porta a nulla, anzi, di sovente appesantisce dei pezzi che avrebbero detto meglio la loro con un minutaggio più basso (‘Memory Serves’, ‘Safe Without’, ‘All Of The Ways’, davvero interminabile), sfiorando spessissimo la noia. Mancano altresì le furiose schitarrate che erano marchio di fabbrica delle parti affidate a Daniel Kessler. Insomma, ci sembrano sbagliate sia le premesse che lo svolgimento, e in fondo, nell’economia della carriera di Banks e soci, sarebbe stato più indicato che questo LP non fosse mai uscito. Detto questo, è comunque un lavoro di grandi atmosfere, in cui il frontman sfoggia la propria migliore interpretazione vocale sino ad oggi, e la cui scrittura è nel complesso sufficiente, con un paio di brani sopra la media (‘Summer Well’, forse l’unico possibile singolo all’altezza dei precedenti, e ‘Try It On’). Può bastare? Appena appena.
VELOCITÀ: decisamente basso regime.
IL TESTO: “Suele tener / Me suelto / Me suelto en el deshacer / Al puro perder el ganar no compara / Al puro perder el ganar no compara” è la parte di testo in spagnolo della conclusiva ‘The Undoing’.
LA DICHIARAZIONE: il batterista Sam Fogarino a ‘Spinner’ sulla dipartita di Dengler: “Il suo talento ci mancherà ? Come potrebbe non essere? Il resto del gruppo dovrà unire le proprie forze in futuro. A livello emotivo ci mancherà . Pragmaticamente non credo, siamo tutti musicisti capaci.”
IL SITO: ‘Interpolnyc.com’.
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