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B16 said in Giugno 30th, 2010 at 16:29

Visto che piacciono anche a Plant posto qui la recensione live dei Black Keys in quel di Amsterdam…

THE BLACK KEYS
Brothers World Tour 2010 / Paradiso, Amsterdam 28.06.2010

01. THICKFREAKNESS
02. GIRL IS ON MY MIND
03. 10 AM AUTOMATIC
04. THE BREAKS
05. STACK SHOT BILLY
06. BUSTED
07. EVERYWHERE I GO
08. STRANGE TIMES
09. SAME OLD THING
10. EVERLASTING LIGHT
11. NEXT GIRL
12. SINISTER KID
13. HOWLING FOR YOU
14. TIGHTEN UP
15. SHE’S LONG GONE
16. I’M NOT THE ONE
17. YOUR TOUCH
18. NO TRUST
19. I GOT MINE

20. TOO AFRAID TO LOVE YOU
21. TEN CENT PISTOL
22. TILL I GET MY WAY

Il fondale che troneggia alle spalle del palco raffigura due mani, una stretta nera su fondo rosso, cerchiata da un pneumatico.
Gomme da strada sparse anche sul palco, vere (a sostenere gli amplificatori) e non (i due minipalchi per batteria e tastiere): messaggio chiaro che associato al titolo dell’ultimo album dei Black Keys ‘Brothers’ va dritto al segno. Auerbach e Carney arrivano a questo concerto ad Amsterdam – sold out da un paio di mesi – nel bel mezzo del loro tour mondiale: sarebbero una band ‘oliata’ anche senza date a disposizione, tanto l’affiatamento e gli anni passati insieme alla ricerca di un suono da sentire come ‘proprio’ (con indistinte citazioni ad affiorare volontariamente in superficie).
L’inizio dello show funziona da riassunto, sette brani per affermare la vitalita’ immutata della coppia. Sterzate violente, riff sopra le righe, elettricita’ liberata nell’aria e architetture alla batteria, la voce di Auerbach a inserirsi tra le note.
Musica che ha bisogno di farsi sentire addosso: le distorsioni di Thickfreakness (2003) e The Breaks (dall’esordio ‘The Big Come Up’ datato 2002), gli incisi noise di Girl is on my mind e Stack Shot Billy (entrambe dal capolavoro ‘Rubber Factory’, 2004), l’aggressivita’ che esplode nel culmine di tracce incendiarie come Busted e 10 am Automatic. Ma non solo, e’ anche un gioco di accelerazioni, rallentamenti e ripartenze con accordi blues che sembrano sul punto di perdersi prima di ri-esplodere con fragore. Lezione rovesciata per Everywhere I Go (come Busted di R.L. Burnside, cover di un classico blues, in questo caso a firma di uno degli idoli del duo, Junior Kimbrough): lenta e vagamente psichedelica, ma pronta ad impennarsi con l’istrionismo alla chitarra di Auerbach.
Carney gronda sudore, dopo pochi pezzi gia’ si ritrova senza occhiali. Mentre Dan lancia Strange Times spingendosi a ridosso della batteria, lo vedo picchiare in modo sempre piu’ acceso sulle pelli, con l’impeto di un pugile. L’album da cui e’ tratta Strange Times, ‘Attack and Release’ (pubblicato nel 2008 con la produzione di Danger Mouse), ha lasciato il segno: il passato della band, gli ascolti da teen ager, le influenze hip hop e quant’altro sia nascosto nel cuore pulsante dei Black Keys ha iniziato da allora a ritornare visibile e a intrecciarsi col granitico sound del gruppo. Same Old Thing ne’ e’ un buonissimo esempio, con tanto di ‘rivoluzionario’ (per il duo) allargamento a quattro membri della formazione dal vivo.
Si aggiungono basso e tastiera, necessari per rendere al meglio anche le atmosfere di ‘Brothers’: i due nuovi componenti iniziano in sordina per divenire via via sempre piu’ protagonisti (strepitosi per come completano e arricchiscono Sinister Kid e la deflagrante Howling for you).
Sette brani sette uno in fila all’altro tutti tratti dall’ultima realizzazione, gia’ entrata nelle grazie del pubblico: le reazioni entusiaste per Next Girl, Tighten Up (introdotta da Auerbach fischiettando) e She’s long gone parlano da sole. I’m not the one ipnotizza letteralmente l’audience, tanto che le bordate di Your Touch lo schiaffeggiano col ritorno al lato selvaggio e originario della band (di nuovo a due elementi).
Entusiasmo palpabile che cresce con gli stop and go e la guida blues della chitarra di Auerbach per No Trust: I Got Mine e’ la violentissima traccia finale del set con un Carney scatenato che spezza nella foga una delle due bacchette durante il crescendo del brano. Auerbach, che sul palco segue la propria chitarra come un rabdomante, nei momenti piu’ caldi e’ un palmo distante dai piatti dall’amico Patrick, in piedi sulle punte mentre calca sulle corde al limite del minipalco per non sfiorare col proprio corpo la batteria.
Il boato che segue alla chiusura della prima parte della performance continua per tutta l’attesa prima degli encore: Black Keys ancora a quattro per la romantica Too afraid to love you e per Ten Cent Pistol, una gemma malinconica in cui brillano per l’ennesima volta gli assolo di Auerbach.
Till I Get My Way e’ la conclusione infuocata del concerto,la ‘firma’ di Patrick e Dan (‘…you kill me and thrill me don’t you know I will be callin on you everyday till I get my way’) che scappano via appena terminato il pezzo, con gli applausi che ancora riempiono l’aria.
Impressionano dal vivo i Black Keys: per il muro di suono che riescono a costruire e la rabbia con cui restituiscono le proprie origini. Impeto e passione a celebrare una fratellanza che va’ al di la’ di parole e sguardi, concentrata com’e’ in undici lettere che dovrebbero rendere bene l’idea: Rock And Roll.

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B16 said in Giugno 30th, 2010 at 16:52

x alien
entro domenica procedero’ alla visione video… sono molto curioso!!!!

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