La voce di Hucknall è perfetta, intonatissima, fascinosa, calibrata, ma non trasmette nulla e questo perché la perfezione non sempre s’abbina alla consistenza
Dicevano i latini: Omnia mea mecum porto. Della serie: se c’è qualcosa di buono in giro stai sicuro che me lo porto dietro, mica te lo lascio.
Ora se dovessi ritirarmi su un ‘isola deserta e mi consigliassero di portar dietro il disco di Mick Hucknall, risponderei che preferisco di gran lunga una tavoletta di cioccolato con inserti di canditi agli agrumi.
Non me ne vogliano gli estimatori del ‘rosso’, che tra l’altro è tutt’ora una delle migliori ugole in circolazione, ma davvero non riesco proprio a capirlo. Passi pure l’abbandono del progetto Simply Red, ma la sua carriera solista (solipsistica mi verrebbe da dire) è destinata a infrangersi contro il muro dell’inanità.
Mi chiedo infatti cosa ci sia di utile nel riproporre, ormai da vari anni, gli hits dello sterminato repertorio soul americano, solo perché si ha una voce dotatissima e con molteplici inflessioni bluesy.
Già il precedente Tribute to Bobby (2009), dedicato a Bobby ‘Blue’ Bland, vocalist di colore coi fiocchi, pur con accenti gradevoli ed orecchiabili non aveva aggiunto nulla alla nostra personale considerazione di Hucknall. American Soul è operazione doppia, nel senso che ricopia fedelmente le dinamiche di quel disco, snocciolando una serie di canzoni, tutte belle, tutte grintose, tutte evergreen, tutte ‘memorabilia’, ma tutte senza un pizzico di originalità, senza un pizzico di appeal, senza uno straccio di emozione.
La voce di Hucknall è perfetta, intonatissima, fascinosa, calibrata, ma non trasmette nulla e questo perché la perfezione non sempre s’abbina alla consistenza.
Non basta omaggiare la scomparsa Etta James (‘I’d rather go blind) o imbarcarsi in un’ulteriore cover di ‘Don’t let me be misunderstood (cavallo di battaglia di Nina Simone e diventata, per puro caso, anche un successone nella stagione ‘disco’), né accattivarsi le simpatie dei più sfiziosi con uno standard di Perry Como (it’s impossibile), o fare il ganzo con la morbidosa ‘I only have eyes for you’ per convincerci della bontà del prodotto.
No. American Soul, nonostante sia un bel pezzo ‘de core’ del r&b non convince appieno. Anzi, se proprio dobbiamo dirlo, ci spinge alla pennica (come si direbbe a Roma), tra un singulto azzeccato e accordi preziosi.
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