Udite udite: Dougy Mandagi ha fatto a meno del falsetto.
Va bene, per chi non è proprio avvezzo alle produzioni dei Temper Trap la notizia non è da caratteri cubitali, ma per la band in questione si tratta di una mezza rivoluzione copernicana.
Uno dei tratti distintivi maggiori di questo gruppo è infatti sempre stato il caratteristico timbro del suo frontman, apprezzato per doti tecniche e per la scelta, in barba alle mode, di un cantato tanto particolare.
Tutto ciò si consuma nel primo singolo estratto ufficialmente da “The Temper Trap”, secondo album della band dal quale avevamo già rubacchiato qualche settimana fa la splendida “Rabbit hole”.
Come facilmente prevedibile, i fan duri e puri hanno subito manifestato una certa perplessità per il cambiamento di stile, che non è solo canoro ma abbraccia anche l’accompagnamento strumentale: “Need your love” è oggettivamente più elettronica e acidula di quanto ci si sarebbe aspettato dalla band.
Considerato però che del nuovo album si conoscono solo queste prime due tracce, e che una delle due è assolutamente marchiata dal brand tipico dei Temper Trap, non è detto che la seconda sia indicativa di una svolta così radicale.
Oltretutto, “Need your love” è traccia meno semplice di quanto appaia al primo ascolto (non è una novità per la band), e man mano che la si riascolta si riannodano alcuni fili che riportano tutto a casa.
Personalmente ritengo che “Need your love” non abbia lo stesso spessore di “Rabbit hole”, ma è anche vero che si tratta di un lead single e che questo, per tradizione, sia individuato fra i brani più radiofonici di un’intera scaletta.
Da questo punto di vista la canzone non manca di dare soddisfazione, è un ascolto piuttosto trascinante ed incisivo: oltretutto potrebbe sfoderare il valore aggiunto di attrarre alla band qualche attenzione che brani più profondi ma meno immediati non garantirebbero.
Molto particolare il video che accompagna “Need your love”: ispirato a Karate Kid, racconta cosa potrebbe succedere dopo il lieto fine del film, ma dal punto di vista di chi quel finale non lo vede tanto roseo, ossia il perdente.
Questi, bruciato simbolicamente il kimono nero, si affida al serafico guru orientale per riuscire a riscattarsi; il nuovo ed ancor più lieto finale vedrà quindi i due avversari di un tempo rappacificarsi.
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