I Radiohead: il nome deriva da una canzone dei Talking Heads
Mentre i gruppi rock guardano al passato della new wave anni ’80 e alla musica epica dei primi U2, i Radiohead guardano al futuro e al superamento del rock tradizionale. Ed è rivolto al suono prossimo venturo anche il nuovo album, The king of limbs, in uscita nei negozi e in rete il prossimo 29 marzo, ma già disponibile per i fan e gli addetti ai lavori che lo hanno prenotato dal sito del gruppo di Oxoford.
È dal loro secondo disco, The bends, ma soprattutto dal capolavoro Ok computer, che i Radiohead, guidati dal cantante e autore Thom Yorke, cercano di sovvertire i canoni della musica leggera, immergendosi e facendosi influenzare dall’elettronica e dai suoni del mondo intero. Se una delle caratteristiche dei gruppi rock britannici (e non solo) è la loro insularità , il richiudersi in sé stessi (pensiamo alle «bedroom bands», le band nate nelle camerette), per i Radiohead conta aprirsi al mondo: che sia il canto sacro del Pakistan o i ritmi del Mali. Filtrati, ovvio, dalla sensibilità inglese, a sua volta influenzata dalle nuove derive della dance (dubstep e affini).
Così, nel nuovo lavoro, l’apertura è proprio la tecnoide, nel senso di futuribile, Bloom, dove il canto salmodiante di Yorke si appoggia a una base elettronica, tra sciabordii, effetti crepitanti ed echi sinistri, con percussioni poliritmiche. Ancora più «africano», nel senso di ritmicamente sofisticato, è il passo di Morning, mr. Magpie, dove le chitarre sono dense e stratificate come in un singolo pop nigeriano. Sembrano portare avanti in maniera radicale il lavoro dei Talking Heads di David Byrne, guarda caso la band dalla quale hanno preso il nome (Radiohead è il titolo di una canzone delle Teste Parlanti).
La loro sfida è prendere strumenti come chitarra acustica, basso e batteria, e cercare di realizzare qualcosa di lontano anni luce dal rock, come in Little by little, dove sembrano mescolare i Beatles di Sgt. Pepper e gli strumenti a lamelle africani. Ancora più sconvolgente è lo strumentale, dark e pesante, Feral, dove la voce di Yorke si fa puro strumento. In Lotus flower torna però a cantare con voce da angelo. In Codex è un pianoforte preparato a dominare il sound, insieme a una chitarra che ricorda il Battisti sperimentatore di Anima latina. Anche l’acustica di Give up the ghost serve a ricollegarsi per qualche secondo al folk ambientale. Ma poi i Radiohead prendono un’altra direzione e confermano quello che già si sospettava: nessuno e niente suona come loro.
Che non sono solo all’avanguardia dal punto di vista sonoro ma anche da quello promozionale. The king of limbs è infatti disponibile ora sul sito della band in due versioni: download digitale e, su ordinazione, una edizione deluxe con vinili trasparenti, cd e artwork esclusivo in un formato da giornale quotidiano. In un periodo di crisi, i Radiohead sanno davvero come vendere la loro musica.
dal web
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BBC
Radiohead, The King of Limbs: Responses
So, The King of Limbs has been out for over 24 hours now, and I thought I’d get a bunch of responses in the same place to show how people have reacted…
The Telegraph did a track by track review, emphasising the ambient/dubstep influences and describing the album as ‘something else entirely…the sound of the future calling.’ Wholly positive, if shying away from giving an overall verdict.
BBC Music’s review was very positive, but indicated to me that Radiohead may be in danger of stagnating their sound (‘subtle differences to a tested formula’). However, they do describe it as ‘a fans-pleasing album from Britain’s most consistently brilliant band’ and, as on this blog, note Codex in particular as the song that ‘truly strikes the listener dumb’.
Tim Jonze’s first listen review for The Guardian was more critical, noting the brilliance of individual songs but commenting that the band, ‘have failed to come up with anything that might surprise us this time.’ I would agree with him that Radiohead seem to have settled into their sound a bit too much. Maybe the fantastic In Rainbows was a one-off return to more melodic songwriting…
NME’s first listen review disagrees with Tim Jonze, in the sense that they think The King of Limbs does actually manage to continue the balance of experimentation without sacrificing the human element, but decides that ultimately it may be ‘a record to admire more than truly love.’
So, how are people feeling about The King of Limbs now that they’ve had more time to get acquainted with it?
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