Brendan Perry
Casa discografica: Cooking Vinyl
Anno: 2010
Brendan Perry ha passato la vita provando a sedurmi con i Dead Can Dance ma l’ho sempre respinto; interessante sì, intelligente, mai banale, ma troppo gelido e oscuro per i miei gusti, e qualche volta fastidiosamente New Age. Poi un giorno, anni fa, si levò la maschera di quella band e con il suo nome solo pubblicò un album di violenta bellezza. Si chiamava Eye Of The Hunter, segnatevelo e cercatelo perchè fu un mirabile insuccesso e in qualche polveroso scaffale sta ancora lì ad aspettare la vostra mano misericordiosa. Ho ritrovato la mia inebriata recensione di allora: Fred Neil, i Blue Nile, Leonard Cohen, i Floyd di Ummagumma, annusavo quelle magiche spezie tra le pieghe di un disco che mi incantava irradiando “musica come balsamo, gocce di luce distillate da una cosmica malinconia”.
Ho atteso a lungo un seguito, incerto se essere deluso perchè non arrivava o lieto piuttosto di mantenere un tanto strano ed esclusivo segreto. Alla fine il seguito eccolo, undici anni dopo, e il dubbio rimane. Non ritrovo la magia della prima volta, non sento l’unghia forte e calda di canzoni come quelle; ma Perry da solo è comunque affascinante, con quella voce sinatriana che lentamente si espande su arcobaleni di orchestra elettronica e con faticosa calma prova a caricarsi gli errori e orrori della nostra epoca, le frustrazioni, i sogni infranti. Di questo in effetti parla il disco, di un viaggio per fuggire da questa realtà , di illusioni, speranze, esperienze caricate sull’Arca di cui parla il titolo, fidando in fari luminosi come quello ritratto in copertina. Un viaggio anche e soprattutto paradossale: Perry depreca un mondo governato dalle macchine ma proprio alle macchine ha voluto affidarsi, senza sconti o commistioni, per disegnare il paesaggio sonoro su cui ambientare le sue solenni storie.
Ha fatto tutto lui, in un piccolo studio irlandese: ha composto, eseguito, campionato, prodotto, per 55 minuti di musica imperfetta ma avvincente. In ogni caso, e lo considero un valore, è quanto di più vicino a Paul Buchanan e ai Blue Nile abbia ascoltato negli ultimi anni.
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IN THE SOUND…..
In a silent way – Miles Davis
Brothers – The Black Keys
Rubber Factory – The Black Keys
Astral Weeks – Van Morrison
New Skin for the Old Ceremony – Leonard Cohen
Grace – Jeff Buckley
Vitalogy – Pearl Jam
Live on two legs – Pearl Jam
Fleet Foxes – Fleet Foxes
Big Echo – The Morning Benders
Broken Bells – Broken Bells
Sound of Silver – LCD Soundsystem
Computer World – Kraftwerk
Swim – Caribou
Emergency on Planet Earth – Jamiroquai
High Times / The Singles 1992-2006 – Jamiroquai
A New Perspective – Donald Byrd
Disconnect from Desire – School of Seven Bells
Dark night of the soul – Danger Mouse & Sparklehorse
Catch a fire – Bob Marley and the Wailers
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p.s. mi sto ‘generaleleezando’…
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….LET ME IN THE SOUND:
U2 – ZOOROPA
U2 – WAR
U2 – BOY
U2 – NO LINE ON THE HORIZON
U2 – ACHTUNG BABY
U2 – RATTLE & HUM
U2 – OCTOBER
BLACK KEYS – RUBBER FACTORY
BLACK KEYS – THE BIG COME UP
BLACK KEYS – THICKFREAKNESS
ZZ TOP – RANCHO TEXICANO
SPRINGSTEEN – THE RIVER
JC MELLENCAMP – HUMAN WHEELS
BOB DYLAN – THE BASEMENT TAPES
PEARL JAM – LIVE AT GORGE (CD 2)
STEVE EARLE – LIVE FROM AUSTIN, TX
AUGH!
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U2 FEVER PER IL GENERALE!!! beh d’altronde ci ‘siete’ quasi…
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