Propellor Time
Hitchcock Robyn
Voto: Â tre stelle e mezzo
Casa discografica: Sartorial
Anno: 2010
Nel chissà quale mistero gaudioso si contempla Robyn Hitchcock che registra un album in una settimana e poi impiega quattro anni a pubblicarlo. L’album è questo, sono dieci canzoni vezzosamente divise in un lato 1 e un lato 2, come ai tempi del vinile, più o meno concepite all’epoca di Olè Tarantula e Goodnight Oslo ma solo ora definite, dopo un processo di decantazione la cui utilità solo il maestro conosce. Niente di nuovo per chi conosce RH, ma morbide onde di piacere che si gonfiano quando lui e i suoi amici (ora vedremo quali – una gran bella compagnia) attaccano Propellor Time o Ordinary Millionaire o Primitive, giusto per dire le canzoni che deliziano di più.
L’autore lo definisce un album “istintivo”, senza nuove scoperte da verificare o arrangiamenti particolari: puro rock hitchcockiano della categoria più dolce, vapori psichedelici, echi, reverberi, ricordi di anni 60 forse reali o meglio in un mondo parallelo. “Da vecchi si perde in velocità e si guadagna in profondità “. Ben detto, Hitch: le fantasie paiono scorrere rallentate sullo schermo della mente, la voce è particolarmente indolente, l’armonica molto Bob Dylan strascica Born On The Wind come il giovane Robyn non avrebbe mai fatto ai tempi caldi dei Soft Boys.
Una eletta compagnia, si diceva. Peter Buck, Scott McCaughey e Bill Rieflin sono gli habitués, come appunto negli ultimi album, più un via vai di amici come John Paul Jones, Johnny Marr, Nick Lowe, Morris Windsor e perfino parenti (il nipote Ruby Wright). Le registrazioni risalgono all’estate 2006, le settimane in cui morì Syd Barrett. Hitch non lo sapeva ma gli piace pensare che, registrando Propellor Time, abbia inconsciamente scritto la colonna sonora per il commiato del suo maestro.
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