Il commento al libro di Riccardo Bertoncelli by delrock.it
Leonard Cohen – Le spezie della Terra
Minimum Fax sta pubblicando l’integrale di Leonard Cohen, poesie e romanzi, dopo che per anni l’opera di quel grande era apparsa solo in antologia, un po’ per scelta dell’autore e molto per la pigrizia di chi i libri li edita e di chi li legge.
E’ una meraviglia, una scoperta. Anche da giovane, come in questo caso (The Spice-Box Of Earth è l’opera seconda, 1960), Cohen è un acuto osservatore della vita e un puntiglioso cantore dei suoi molteplici aspetti, in difficile equilibrio tra pulsioni terrene e spiritualità trascendente, severo, appassionato ma anche ironico, distaccato. La sua lingua è tersa, accessibile, ma nel guscio di ogni parola si celano profondi segreti e in ogni battito della sua ispirazione, siano i deliri erotici a cui le molte donne amate lo spingono, siano gli indelebili ricordi dell’infanzia in una famiglia della più rigorosa tradizione ebraica, una sfrenata fantasia visionaria spariglia le carte e porta in cielo le parole, trascinandoci.
Viene da sorridere, o da strapparsi i capelli, ad ascoltare tanti discorsi sulla “poesia” dei musicanti, del nostro tempo e di ieri. Ecco se occorre un poeta vero, al di là di ogni discussione, che fa musica anche sulla nuda carta e ha forgiato parole capaci di attraversare cinquant’anni senza pieghe. E’ la raccolta più bella che di Cohen ho letto finora, ma le altre opere originali già tradotte (L’energia degli schiavi, Confrontiamo allora i nostri miti) non distano poi molto.
Moni Ovadia ha scritto una bella introduzione concentrandosi su quelli che chiama “i frammenti rapsodici di un’inquietudine ebraica”. Anche se non è quella la traccia esclusiva, anche se “gli sguardi sono molteplici e aperti”, il Cohen che Ovadia intuisce nelle Spezie della terra “pare voler manifestare una personale quanto irriducibile e pulsionale tensione verso il suo essere ebreo. Non certo in un’adesione identitaria perentoria nè tantomeno in un riconoscimento nazionale, quanto piuttosto attraverso rigurgiti di memoria, iridescenze bibliche, emersione di figure ebraiche sia della scrittura sacra e khassidica sia della propria cerchia familiare, tracciate con appassionata e ironica maestria”.
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