The Big To-Do è il decimo album dei Drive By Truckers in dodici anni, da Gangstabilly, 1998, senza contare i due che il leader Patterson Hood ha pubblicato a nome suo più i coriandoli qua e là (un paio anche in un recente film del circuito minore, That Evening Sun, di Hal Halbrook). Faccio spicciola contabilità non perchè sono fissato con i numeri ma perchè mi accorgo che è tanto, probabilmente troppo, e questo spiega qualcosa di Hood e del suo socio Mike Cooley e di tutta la storia Drive-By Truckers; spiega la grande professionalità e il buon successo e d’altro canto l’assenza di una vera, profonda ispirazione, con la scintilla che di solito ne viene, quella che sa accendere la musica.
Anche questa volta, Hood e Cooley si son fatti prendere dalla smania di scrivere scrivere scrivere, e registrare in fretta. Avevano qualche mese libero senza impegni di tour e ci hanno dato dentro, portando in studio (ad Athens, per la cronaca) qualcosa come 25 canzoni e scegliendone poi 13 da pubblicare, in tre blocchi di registrazione da gennaio a maggio 2009. Canzoni delle loro, moderna american music nelle varie declinazioni: ogni tanto sembra Tom Petty sputato con un suono più distorto degli Heartbreakers (Daddy Learned To Fly, Birthday Boy, The Wig He Made Her Wear) ma c’è posto anche per un boogie rockabilly come Get Downtown, un mid tempo western con ricami di steel guitar (Santa Fe, come no?) e una ballata minimale come Eyes Like Glue, che chiude, anzi, incolla l’album come una ninna nanna.
Bravi ma superflui, si può dire così? Hood comanda l’equipaggio con Mike Cooley chitarre e voce, John Neff extra chitarre, Brad Morgan batteria e Jay Gonzalez tastiere. Shonna Tucker suona il basso e si ritaglia un paio di brani come cantante, con accorati lamenti in You Got Another e strilli da ragazzina yè-yè in (It’s Gonna Be) I Told You So, sceneggiatura Drive-By Truckers della notte famosa di American Graffiti.
Riccardo Bertoncelli
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