Sugli anni Ottanta andrebbe (e magari se mi ci metto prima o poi lo faccio) scritto un intero libro. Mi limiterò qui ad alcuni pensieri, tutti sviluppabili ed approfondibili molto di più di quanto sarà in grado di fare nei pochi minuti che ho a disposizione adesso.
1 – Gli anni ottanta sono finiti quasi venti anni fa ma tardano ad andare via. Un motivo c’è. Sono stati gli ultimi anni in cui la creatività e la discografia sono andati d’accordo. Nel senso che l’offerta musicale, che piaccia o meno, era estremamente varia, ricca, per quel che mi riguarda affascinante, magari arricchita anche da ipotesi minimali, da brani e artisti che poi non hanno lasciato traccia (come accade del resto in ogni decennio), ma sicuramente anche da moltissima musica di grande, grandissima qualità . La discografia, nel pieno del passaggio tra vinile e cd, non era ancora convinta, almeno nella prima parte del decennio, di essere onnipotente, e pensava ancora che gli artisti non andassero “creati†ma “trovati†e quindi offriva molte più occasioni alle band emergenti, a chi aveva qualcosa da proporre, fossero anche musicisti disco, o cantanti pop.
2- E’ stato il decennio determinante per lo sviluppo della musica popolare moderna. Esiste la musica prima degli anni ottanta e quella dopo, il decennio segna uno spartiacque sostanziale. In termini tecnologici. L’avvento dell’elettronica ha modificato alla radice il modo di creare la musica, di pensare la musica, di registrare la musica, di distribuire la musica, di vendere la musica. Prima si faceva in un modo, analogico, dopo è diventato tutto, pian piano, digitale. La musica di oggi, a ben guardare, ha una parentela solo relativa con quella degli anni Settanta.
3 – E’ il decennio della morte del rock. Volendo essere franchi il rock è morto negli anni Ottanta, non è più tornato ad essere quello che era, se non per brevi momenti (il grunge, per altro nato alla fine degli anni Ottanta, certo rock inglese alternativo). Il sistema di valori, la relazione tra musica e pubblico, il rapporto con l’oggetto discografico, il “movimento†cultiurale collettivo giovanile ad esso legato, sono scomparsi, sono stati riformulati. Il rock si è ridotto a genere musicale. Con tutto quello che ne consegue.
4 – Ed è il decennio delle prove generali del pop degli anni Novanta, quello industriale, americanizzato, dominato dal suono della musica nera e dalla videomusica, per il quale i cantanti devono per forza saper ballare e fare delle facce da attori mentre cantano in un video, uccidendo definitivamente ogni forma di autenticità , chiave essenziale invece per lo sviluppo del pop e del rock in tutto il secolo. La musica americana in particolare si è spinta fino ad un irragionevole e assurdo suicidio industriale.
5 – Michael Jackson, Madonna, Bruce Springsteen, ognuno nel proprio campo, black music, pop e rock, hanno spostato la partita negli stadi, esasperando addirittura quello che negli anni Settanta, con i megashow abbattuti dal punk, ci era già sembrato troppo grande, mastodontico, finto, lontano, si sono trasformati in marchi. Jackson ha fatto la fine che sappiamo, Madonna ha portato la finzione al limite estremo, esaltando addirittura la funzione del playback dal vivo, Springsteen tiene in piedi il mito con una rappresentazione che è l’unica a dar corpo ancora, in concerto soltanto, al sogno di un tempo. Ma è nostalgia di quel che era, non contemporaneità .
6- L’avanguardia di quegli anni ha seminato gli unici germi musicali che sono fioriti, tra le pieghe del dominio musical-industriale, negli anni seguenti. Musica libera, che già all’epoca sapeva che il rock era morto e si muoveva altrove, in un territorio nel quale generi e etichette, diventati merce dell’industria discografica, erano del tutto inutili.
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un c’ha miha, tutti i torti.
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son incappato poco fa, sul satellite, negli ultimi dieci minuti, di una esibizione live, in show televisivo datato 1970, dei Deep Purple: 10 minuti di nulla, con il gruppo, assoggettato ad assecondare le mattane da Circo Togni, di un Ritchie Blackmore in versione foca ammaestrata. Raramente, ho ascoltato, una serie di assolo, così vuoti e fini a sè stessi. Bah!
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anche i grandi a volte diventano piccoli ……….ciao Alien!
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…con molta paura di anatemi dico al caro alien che lo stesso effetto ogni tanto me lo faceva anche il caro page… ma con blackmore il rischio è (da sempre) molto più elevato!
su assante: si non ha tutti i torti, ma io ho lo stesso feeling con gli anni ’90… almeno all’inizio! la contemporaneità comunque o almeno una bella fetta la rappresentano al meglio i radiohead… cosa che tutti paiono dimenticarsi dietro ai soliti big nati negli 80s…
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vero……basta vedere cosa ha combinato Blackmore con la moglie e i Blackmore’s night eh eh eh roba da matti…poi ora si e’ risposato….ah questi geni della chitarra:-)
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